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Ugo Nespolo

Nato il 1941 a Biella;

Biografia: Ugo Nespolo nasce a Mosso S. Maria, Vercelli, nel 1941. Compie gli studi artistici a Torino, presso l’Accademia Albertina delle Belle Arti e si laurea in Lettere Moderne con una tesi in Semiologia.

I suoi esordi nel panorama artistico italiano risalgono agli Anni Sessanta e si legano alla pop art, poi, attraverso il contatto con Pistoletto ed i futuri concettuali e poveristi (Paolini,Zorio,Anselmo e Mondino). Successivamente si dedica ad una ricerca che andava in una direzione più concettuale, che tuttavia, consente alla sua produzione di salvaguardare una caratteristica impronta ironica, un marcato senso del divertimento.

Al cinema Nespolo arriva grazie anche allo stimolo ed all’esempio che gli offrono le

esperienze dell’avanguardia americana, Andy Warhol e gli altri. Dagli anni sessanta ad oggi, Nespolo ha realizzato una dozzina di film che costituiscono uno dei capitoli più significativi della storia del cinema d’artista italiano e non.Tra gli interpreti anche alcuni amici artisti, tra cui Lucio Fontana ed Enrico Baj.Il Philadelphia Museum of Modern Art la Filmoteca Polska di Varsavia, la Galleria Civica d’Arte Moderna di Ferrara ed il Centre Pompidou gli hanno dedicato molte manifestazioni a carattere monografico.Con l’America, che negli Anni Sessanta gli suggeriva nuovi mezzi di espressione, Nespolo ha mantenuto un rapporto ostante, tuttavia egli afferma di essersi sentito molto legato anche alle esperienze delle avanguardie europee ed in particolare al dadaismo. Sperimenta con materiali e tecniche(come l’intarsio) inconsuete:legni pregiati,la madreperla,l’avorio, l’alabastro, l’argento, il cuoio, la porcellana dando vita a creazioni assolutamente personali.

Numerose le esperienze nel settore dell’arte applicata, come testimoniano i circa 50 manifesti realizzati per esposizioni ed avvenimenti vari tra cui ricordiamo:”Azzurra”, il Salone Internazionale dell’Auto di Torino, la Federazione Nazionale della Vela. Ha realizzato diverse videosigle per la RAI, tra le quali quella per” Indietro tutta” di Renzo Arbore, scenografie, etc. Nespolo è insomma un artista globale, quasi rinascimentale: una figura di artista completo che nel nostro secolo si è affermata piuttosto raramente.

Le idee distinguono gli uomin, accorciano o dilatano gli orizzonti, sconvolgono, a volte, persino il corso indecifrabile del destino. Per quanto inattese e sorprendenti a taluni possano sembrare, in verità nascono sempre da ambiti precisi, sia pure ambiguamente classificabili: coscienti o subcoscienti. Ma un’idea può anche avere origine di una parola, da un’immagine, da un brano di musica che raffiora improvviso nella Memoria…Le idee non possono che essere, per definizione, originali, e se questo è vero, come è vero, allora uomini davvero ricchi se ne contano ben pochi. Avaro è pure lo scenario dell’arte contemporanea, dove una monotonia, anzia, una ripetitività poco edificante rende più prelibate e interessanti altre manifestazioni del talento. Ugo Nespolo è un sole insolito nell’inverno della creatività. Temperamento poliedrico, si distingue per intelligenza, gusto, cultura, attitudine all’innovazione: qualità che, mescolate a una fantasia effervescente, determinano esiti singolari e rilevanti in un’arte sorgiva, del tutto estranea ad ogni tipo di pedissequa convergenza. I molti “nipotini” (artisti parrebbe un termine troppo generoso…) rimasti folgorati di fronte al volto geniale della sua opera hanno diversamente confermato come, dal Duecento in poi, intorno ai protagonisti dell’arte sono talvolta cresciuti circoli ed epigonati di discutibile genere. Nel Novecento, da Duchamp a Nespolo, passando naturalmente per Picasso e Warhol, abbiamo assistito tente, troppe volte a imitazioni volgari e mal riuscite. Nel periodo in cui Keith Haring (Reading, Pennsylvania, 1958-New York, 1990) fu a Pisa per Tuttotondo (1989), un murale di 180 mq realizzato su una delle pareti esterne del Convento di Sant’Antonio, mi recai spesso a trovarlo la sera, al termine del suo impegno quotidiano. Ricordo un suo accalorato intervento, al cospetto di altri amici, durante una delle indimenticabili cene:”Fra i pochi, pochissimi artisti che meritano rispetto qui in Italia, indico volentieri Ugo Nespolo, perché è il più intraprendente, il più fantasioso, il più originale. E poi perché mi pare l’unico ad aver compreso come un’immagine, al pari della pagina di un romanzo, possa raccontare qualcosa di importante e di emozionante. Con la sola differenza, rispetto ai libri, che questa spesso è a colori…”. Ecco, il senso il valore di un’immagine creata dall’ingegno di Nespolo guadagna il subliminale, persiste oltre l’apparenza, quasi il suo codice genetico si sedimentasse oltre il consueto virtuosismo grafico, compositivo e cromatico, da sempre di cospicua entità. Curiosamente in questa intrigante dimensione intellettuale, è dato di scoprire una sorta di realismo metropolitano-psichedelico (…), sagacemente dissimulato, che risluta certo più efficace e sostanzioso rispetto a tante sterili rappresentazioni in nome della sofferenza o di certa ansia esistenziale, incomprensibili, di fatto, ai più. Un vocabolario pop, che rifugge l’oblio e la polvere dello scaffale. I luoghi, gli oggetti, le architetture di Nespolo ci conducono in una realtà traslata nella quale ogni spettatore istantaneamente si riconosce e riconosce un caleidoscopio di cose familiari. Dinanzi al progresso tecnologico, l’immaginazione sembra resistere come ultimo baluardo romantico: tutto è sotto gli occhi di tutti, moda e pubblicità insistono prepotenti sul costume. La carta, o qualsiasi altro tipo di supporto, divengono territorio d’espressione. E se nella sua arte riecheggia la Pop Art, la beat generation, le canzoni dei Beatles e dei Rolling Stones, il minimalismo di Carver, i graffiti di Haring e Basquiat, l’Hip Hop, quel mito americano che ci fa commuovere ogni volta che ascoltiamo God bless America, il segno, il virtuosismo del segno, sposta da Walt Disney al museo la reputazione di questo valoroso artista. La sua autorevole emancipazione avviene attraverso una nobiltà grafica che ha ascendenze antiche. L’America, del esto, è stata scoperta da un italiano, Cristoforo Colombo, nel 1492, l’anno della morte di Piero della Francesca. Una coincidenza significativa, sospetta, certo affascinante. La stessa divergenza, prima concettuale e poi iconografica, fra Nespolo e i maggiori graffitisti degli anni Ottanta sta, a favore del maestro piemontese, nell’assenza di rivendicazione sociale e in una maggiore cultura. Senza dimenticar quella vocazione alla simultaneità che gli deriva da Balla e il riverbero della grafica pubblicitaria cubofuturista di Majakovskij. I numeri, scelti come titolo per quest’esposizione, sio trasformano spesso in pretesto espressivo ideale: richiamano l’idea di un rebus inesplicabile, quasi a ribadire che, di ciò che appare, al solito è vero soprattutto il contrario. La sfida continua. Aveva ragione Keith, a Pisa ormai malato e con il destino segnato, a dire, oltre quindici anni fa, che un artista, un vero artista, deve rappresentare la gioia della vita, quel sentimento epicureo che nessuno, in ambito contemporaneo, in verità riesce a esprimere con la stessa efficacia, lo stesso piglio di Ugo Nespolo.